L’applicazione della clausola simul stabunt simul cadent deve avvenire nel rispetto del principio generale di buona fede e dei doveri di lealtà e correttezza che regolano i rapporti endosocietari. Nei casi in cui sia azionata all’esclusivo fine di determinare l’estromissione di un amministratore – eludendo l’art. 2383 comma 3 c.c., che prevede l’obbligo di risarcire il danno all’amministratore revocato senza giusta causa – l’applicazione non può che essere considerata illegittima ed è conseguente non possibile che venga meno l’obbligo risarcitorio; obbligo posto a carico dei soci che hanno violato la clausola generale di buona fede (il calcolo del danno si esegue alla stregua del caso di revoca dell’amministratore avvenuta senza giusta causa).
Da un brillante spunto dell’amico Daniele Mazzini è nata l’idea di raccogliere su Italian Startup Scene alcune domande in tema di problematiche giuridico legali ricorrenti nelle fasi dello Startup. I temi sollevati sono estremamente interessanti: si va dalla replicabilità dello strumento delle stock options nelle SRL, all’appetibilità delle SRLS per uno startupper; dalla esterovestizione, alla convenienza di adottare società estere per il residente fiscalmente in Italia; dalla fattispecie del socio non conferente, all’analisi dei conferimenti effettuaibili nelle SRL; dal wayout alla clausole anti-diluizione.
Queste le nostre risposte.
Come noto l’investimento del Venture Capitalist è temporaneo ed è preordinato al conseguimento di capital gains conseguenti alla cessione della partecipazione. La durata media dell’investimento è di 5 anni. Tempistiche più brevi sono generalmente dovute ad un precoce successo della start up; a write off (fallimento, ecc.); a contrasto insanabile (tra le parti) che sfocia nel riacquisto da parte dei founders della quota detenuta dal venture capitalist.
Al fine di comprendere le diverse tipologie di clausole anti diluzione è estremamente importante che si esamini la tipologia di diluizione da limitare. Sono essenzialmente riscontrabili:
a) diluzione nominale nella partecipazione (una diminuzione della percentuale di partecipazione posseduta dall’investitore);
b) diluzione economica (diminuzione del valore economico dell’investimento).
“Dopo la riforma della disciplina delle società di capitali di cui al d.lgs. 6/2003, ogni limitazione od esclusione del diritto di opzione attraverso operazioni che siano conseguenza della riduzione del capitale sociale al di sotto dei minimi di legge va esclusa alla luce della espressa salvezza dell’art. 2482 ter c.c. fatta dall’art. 2481 bis, comma 1, c.c. Questa interpretazione trova conferma nella ratio della norma che è stata individuata, dalla relazione ministeriale al predetto testo di legge, nell’intenzione di impedire “prassi non commendevoli che la pratica ha a volte elaborato per ridurre sostanzialmente, o addirittura eliminare, la partecipazione delle minoranze”. (…)
Durante il panel “Innovation and visionary start-up founders: the importance of intellectual property”, tenutosi nei nostri studi in occasione del World Intellectual Property Day 2012, sono stati molti i quesiti posti in tema di Società a Responsabilità Limitata Semplificata. La SRLS (già da noi trattata in questo articolo) è una fattispecie molto recente, introdotta dall’art. 3 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (meglio noto come decreto sulle liberalizzazioni) convertito con Legge 24 marzo 2012, n. 27. Alcuni degli elementi originariamente caratterizzanti la SRLS sono venuti meno con l’approvazione del “Decreto Sviluppo” (limitazione agli under 35 su tutti).
“Il sequestro civile non è diretto ad impedire la gestione della società, ma solo ad imporre il vincolo sulle quote. Se il Giudice Civile avesse voluto impedire la gestione della società, avrebbe dovuto imporre il sequestro sull’intera azienda e non solo sulle quote.”
Durante il panel “Innovation and visionary start-up founders: the importance of intellectual property”, tenutosi nei nostri studi in occasione del World Intellectual Property Day 2012, è stato sollevato, in modo inaspettato, un interrogativo che ruota intorno alla concreta difficoltà d’investimento nel nostro Paese. Ci è stato chiesto, in altri termini, il motivo per il quale chi potrebbe investire in Italia decide di non farlo. Pur non essendo questa la sede adatta (dovremmo, infatti, limitarci a trattare questioni prettamente giuridiche), vale la pena di soffermarsi sulle ragioni di questa limitatissima propensione all’investimento nel nostro Paese, rendendo accessibili le osservazioni emerse durante il panel anche ai non partecipanti allo stesso.
Il D.L. 201/2011 ha introdotto, con l’art. 36, il divieto di assunzione o di esercizio di cariche tra imprese o gruppi di imprese in concorrenza nei mercati del credito, assicurativo e finanziario (si tratta del c.d. divieto di interlocking).
La norma è estremamente complessa sotto il profilo applicativo (si vedano i numerosi dubbi interpretativi avanzati da parte di noti studi legali).
Si è reso necessario, quindi, l’intervento della Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP, le quali hanno pubblicato tutta una serie di criteri guida nella valutazione della sussistenza di cariche incrociate in violazione della legge.
Gli Hybrid Mismatch Arrangements sono un insieme variegato di strutture ibride utilizzate per sfruttare differenze di trattamento fiscale, di strumenti finanziari o forme societarie, al fine di ottenere vantaggi fiscali indebiti (generazione indebita di credito d’imposta per imposte corrisposte all’estero; deduzione dei costi in uno Stato a fronte della non tassazione in altro; doppia deduzione dei costi negli Stati coinvolti).