Il D.L. 201/2011 ha introdotto, con l’art. 36, il divieto di assunzione o di esercizio di cariche tra imprese o gruppi di imprese in concorrenza nei mercati del credito, assicurativo e finanziario (si tratta del c.d. divieto di interlocking).
La norma è estremamente complessa sotto il profilo applicativo (si vedano i numerosi dubbi interpretativi avanzati da parte di noti studi legali).
Si è reso necessario, quindi, l’intervento della Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP, le quali hanno pubblicato tutta una serie di criteri guida nella valutazione della sussistenza di cariche incrociate in violazione della legge.
Sotto il profilo della rilevanza dimensionale delle imprese e dei relativi gruppi, il documento chiarisce come, in attesa di ulteriori interventi normativi, il divieto operi nell’intreccio di cariche tra imprese dotate di dimensioni rilevanti sotto il profilo della tutela della concorrenza.
Il divieto di interlocking maturerebbe, nello specifico, quando una delle imprese (o gruppi di imprese) in cui è detenuta la carica presenti un fatturato totale, realizzato a livello nazionale dall’impresa o dal gruppo al quale la stessa appartiene, di almeno 47 milioni di euro (per fatturato si intende, per le banche e gli altri intermediari finanziari, 1/10 del totale dell’attivo dello stato patrimoniale, esclusi i conti d’ordine; per le imprese di assicurazione, il valore dei premi incassati).
L’identificazione della soglia e dei metodi di calcolo è basta sul disposto della legge 287/1990 in tema di valutazione delle operazioni di concentrazione tra imprese, con riferimento al fatturato totale realizzato dall’impresa (o al gruppo di imprese) di cui è prevista l’acquisizione (gli aggiornamenti periodici influenzano l’applicazione del divieto di interlocking).
Massimiliano Caruso
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