Durante il panel “Innovation and visionary start-up founders: the importance of intellectual property”, tenutosi nei nostri studi in occasione del World Intellectual Property Day 2012, sono stati molti i quesiti posti in tema di Società a Responsabilità Limitata Semplificata. La SRLS (già da noi trattata in questo articolo) è una fattispecie molto recente, introdotta dall’art. 3 del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (meglio noto come decreto sulle liberalizzazioni) convertito con Legge 24 marzo 2012, n. 27. Alcuni degli elementi originariamente caratterizzanti la SRLS sono venuti meno con l’approvazione del “Decreto Sviluppo” (limitazione agli under 35 su tutti).
La Cassazione, con la sentenza 19650/2012, si allinea agli orientamenti più rigorosi nell’interpretazione della legge 55/2010. La legge Reguzzoni-Versace non si presta a dubbi (tralasciando le note problematiche di compatibilità con il diritto doganale europeo ed un difficile allineamento con alcuni dettami comunitari), quantomeno in relazione alla parte in cui stabilisce che la dicitura made in Italy è permessa esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità.
“Il sequestro civile non è diretto ad impedire la gestione della società, ma solo ad imporre il vincolo sulle quote. Se il Giudice Civile avesse voluto impedire la gestione della società, avrebbe dovuto imporre il sequestro sull’intera azienda e non solo sulle quote.”
“Il momento immediatamente successivo all’atto chirurgico non è per nulla avulso dall’intervento operatorio; non foss’altro che per il fatto che le esigenze di cura ed assistenza del paziente sono con tutta evidenza rapportate alle peculiarità dell’atto operatorio ed al suo andamento in concreto: contingenze note al capo equipe più che ad ogni altro sanitario.”
Durante il panel “Innovation and visionary start-up founders: the importance of intellectual property”, tenutosi nei nostri studi in occasione del World Intellectual Property Day 2012, è stato sollevato, in modo inaspettato, un interrogativo che ruota intorno alla concreta difficoltà d’investimento nel nostro Paese. Ci è stato chiesto, in altri termini, il motivo per il quale chi potrebbe investire in Italia decide di non farlo. Pur non essendo questa la sede adatta (dovremmo, infatti, limitarci a trattare questioni prettamente giuridiche), vale la pena di soffermarsi sulle ragioni di questa limitatissima propensione all’investimento nel nostro Paese, rendendo accessibili le osservazioni emerse durante il panel anche ai non partecipanti allo stesso.
Il D.L. 201/2011 ha introdotto, con l’art. 36, il divieto di assunzione o di esercizio di cariche tra imprese o gruppi di imprese in concorrenza nei mercati del credito, assicurativo e finanziario (si tratta del c.d. divieto di interlocking).
La norma è estremamente complessa sotto il profilo applicativo (si vedano i numerosi dubbi interpretativi avanzati da parte di noti studi legali).
Si è reso necessario, quindi, l’intervento della Banca d’Italia, CONSOB e ISVAP, le quali hanno pubblicato tutta una serie di criteri guida nella valutazione della sussistenza di cariche incrociate in violazione della legge.
La commissione “Imposte dirette e reddito d’impresa” del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, ha pubblicato una guida operativa con la quale vengono commentate le disposizioni contenute nei comma 10 – 12bis dell’art. 110 TUIR, i quali trattano della deducibilità delle spese e delle componenti negative derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati o territori extra-comunitari con regime fiscale privilegiato, nonché dalle prestazioni di servizi rese dai professionisti ivi domiciliati.