Il socio d’opera in sede di trasformazione progressiva alla luce della riforma del diritto delle società di cui al D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6.

Con  l’espressione “prestazioni di opera o servizi” ci si intende, generalmente, riferire all’attività lavorativa e, più in generale, al facere ma, anche, al non facere (a titolo di esempio si consideri la non concorrenza).

L’art. 2500-quater, comma 1, cod. civ., in sede di disciplina della trasformazione di società di persone in società di capitali, pone quale principio di carattere generale, l’assegnazione a ciascun socio di un numero di azioni – nel caso il cui la società risultante dalla trasformazione sia una S.p.A. – o di una quota – nel caso in cui la società risultante dalla trasformazione sia una S.r.l. – proporzionale alla partecipazione  di cui i medesimi soci erano titolari nella società di origine.

Prima dell’introduzione del capo X nel libro V del codice civile ad opera del D. Lgs. n. 6 del 2003 non era possibile ravvisare un orientamento dottrinale univoco in merito alla sorte del socio d’opera nel caso di trasformazione progressiva, ossia di trasformazione di società di persone in capitali. Non essendo possibile il conferimento di opera o di c.d. industria nelle società di capitali (ossia nelle società risultanti dalla trasformazione), parte della dottrina (GALGANO; SANTAGATA) riteneva “necessaria” l’esclusione del socio d’opera dalla società di capitali, per sopravvenuta inidoneità allo svolgimento dell’opera conferita (art. 2286, comma 2, cod. civ.). Altra dottrina (RESCIGNO; GASPERONI; SIMONETTO), di contrario avviso, sosteneva l’insorgenza di un onere in capo al medesimo avente ad oggetto l’ulteriore conferimento di capitale. Onere che, ove adempiuto, avrebbe comportato la non esclusione del socio d’opera stante la trasformazione del medesimo in socio di capitale. A ben vedere, tuttavia, il socio d’opera, nonostante gli orientamenti dottrinali citati, godeva di granitiche garanzie derivanti dalla natura delle operazioni straordinarie di società (trasformazione, fusione, scissione) che, comportando una modifica del contratto sociale, non potevano che avvenire con il consenso di tutti i soci (art. 2252 cod. civ.) e, pertanto, esulare dalla manifestazione di volontà del socio d’opera medesimo.

Lo stato di cose appena esposto è completamente venuto meno con la riforma del diritto societario avutasi nel 2003. Da una sommaria analisi dell’art. 2500-ter si evince, infatti, immediatamente che, pur continuando ad essere necessario il consenso unanime dei soci per le modifiche del contratto sociale, il legislatore – in ottica di semplificazione ed agevolazione di operazioni di tal genere – richiede la sola maggioranza per la trasformazione di società di persone (lo stesso dicasi per fusione e scissione avente quale società di origine una società di persone). Viene meno, quindi, quella sorta di diritto di veto che, nella prassi, era riconosciuto al socio d’opera. A salvaguardia, tuttavia, della posizione del medesimo soccorre l’art. 2500-quater il quale, ai commi 2 e 3, attribuisce al socio, che nella società di persone aveva conferito opera, un numero di azioni o una quota proporzionale alla pregressa partecipazione.

L’ambiguità della disposizione richiamata, alla quale è da aggiungersi la vexata quaestio relativa alla necessità o meno della capitalizzazione della prestazione del socio d’opera nelle società di persone (che per l’entità delle problematiche prodotte merita autonoma trattazione), ha sollevato la complessa problematica relativa alle modalità di determinazione della partecipazione al capitale della società trasformata del socio d’opera. Sul punto la dottrina si è divisa, consolidandosi le posizioni degli autori che maggiormente hanno scritto in merito, intorno a due contrapposte tesi. Autorevole, seppure allo stato minoritaria, dottrina sostiene che, ove la prestazione del socio d’opera sia stata capitalizzata (ossia valutata e imputata a capitale), non possa effettuarsi distinzione tra socio d’opera e di capitale. Coerentemente si ritiene applicabile al socio d’opera l’art. 2500-quater, comma 1, richiamato in apertura, la cui interpretazione letterale (“a ciascun socio”) induce ad una attribuzione proporzionale di azioni o quota di partecipazione non limitata al solo socio di capitale. Secondo gli autori che sostengono la tesi esposta, quindi, l’art. 2500-quater, c. 2 e c. 3, avrebbe quale ambito di applicazione il caso di non capitalizzazione del conferimento di opera. Tale assunto si argomenta  dalla lettera del comma 3. È evidente, infatti, che se le quote dei soci di capitale si riducono proporzionalmente per consentire l’assegnazione di quota al/ai socio/i di opera, ciò è dovuto alla mancata pregressa capitalizzazione dell’opera conferita.

Di avviso avverso la dottrina maggioritaria, la quale non ritiene l’art. 2500-quater, c. 2 e c. 3, isolato al sol caso della non capitalizzazione.  Nel caso di pregressa capitalizzazione,  si verserebbe in ipotesi sussumibile all’interno della fattispecie disciplinata dal comma 2, il quale testualmente prevede che “il socio d’opera ha diritto all’assegnazione di un numero di azioni  o di una quota (…) corrispondente alla partecipazione che l’atto costitutivo gli riconosceva precedentemente (…)”. Il diritto alla partecipazione alla società risultante dalla trasformazione progressiva permarrebbe in capo al socio de quo pur in assenza di capitalizzazione. In questo caso i sostenitori della tesi  in esame ritengono soccorra il comma 3 dell’ art. 2500-quater sancendo la proporzionale riduzione delle azioni o della quota dei soci di capitale per far spazio al socio di opera, il cui conferimento sarebbe oggetto di valutazione negoziale essendo richiesto il consenso unanime dei soci (art. 2500-quater, comma 2, seconda parte). In assenza del quale si renderebbe necessaria valutazione giudiziale di natura equitativa. Il consenso unanime richiesto ai fini della valutazione dell’entità della partecipazione non deve trarre in inganno, non comportando quest’ultimo una discrasia con l’art. 2500-ter, comma 1, il quale, come sopra esposto, consente la trasformazione a maggioranza. Seppur, infatti, nella prassi, è alquanto difficile discernere tale diversità sono ravvisabili due momenti: uno deliberativo (i soci decidono a maggioranza la trasformazione); l’altro negoziale (qualificativo della partecipazione del socio d’opera).

Una osservazione finale merita l’ipotesi della non completa esecuzione dell’opera. Non ammettendo la S.p.A. (art. 2343 cod. civ.), come noto, neanche a seguito della riforma del 2003, il conferimento di opera, il socio non può a titolo di conferimento continuare a prestare la propria attività lavorativa. Questa ultima, al più, potrà costituire oggetto di prestazione accessoria ai sensi dell’art. 2345 cod. civ. o, eventualmente, o di emissione di strumenti finanziari ai sensi dell’art. 2346, comma 6. Nulla quaestio ove la società risultante dalla trasformazione sia a responsabilità limitata, ravvisandosi una delle maggiori novità della riforma proprio nell’ammissibilità del conferimento di opera in società di tal fatta, previo osservanza delle condizioni di legge richieste dall’art. 2464, comma 6 (il quale prescrive la necessità di prestare una garanzia fideiussoria bancaria o una polizza assicurativa di valore pari agli obblighi assunto dal socio d’opera).

Massimiliano Caruso

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BIBLIOGRAFIA

AA.VV., Massime notarili in materia societaria, III edizione, Milano 2007; BIANCHI (a cura di), Trasformazione – Fusione – Scissione (commentario alla riforma delle società), Milano, 2006; CABRAS, Le trasformazioni, inTrattato Colombo Portale,7,1, Torino, 1994; CEOLIN, Manuale del notaio, Torino 2007; DE ANGELIS, La trasformazione delle società, Milano, 1998; DE ANGELIS, La trasformazione nella riforma del diritto societario, in Le società, 2003; DONATO, La trasformazione, in La riforma delle società. Aspetti applicativi, a cura di Bortoluzzi, Torino, 2004; FERRUCCI, FERRENTINO, Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, Milano 2005; GALGANO, La società in generale. La società di persone, in Trattato Cicu Messineo, XXVIII, Milano, 1982; GASPERONI, La trasformazione delle società, Milano 1952; GUERRERA, in AA.VV., Diritto delle Società di Capitali, Milano, 2003; MANFRÈ, Trasformazione a maggioranza di società di persone in società di capitali (nota a Trib. Milano, 28 febbraio 2005), in Notariato, 4/2005; SANTAGATA, La fusione tra società, Napoli, 1964; RESCIGNO,Trasformazione di società e responsabilità dei soci, in Riv. trim. dir. e. proc. civ., 1950; SIMONETTO, Trasformazione e fusione delle società, inCommentario Scialoja Branca, Bologna, rist. 1984; SPENA, La riforma delle società, in Commentario del d.lgs. 17 gennaio, n. 6, a cura di Sandulli-Santoro, artt. 2462 ss, Torino, 2003.

 

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