Nel mondo che ama le Start-up c’è posto per l’Italia?

La nostra attività di assistenza legale in diritto commerciale, societario, industriale si esplica nell’essere partner fidato di realtà imprenditoriali che operano in Italia e nel mondo. Tra le discussioni di “routine” che tengono il banco durante gli spostamenti internazionali emerge ciclicamente la concreta difficoltà d’investimento nel nostro Paese con correlata equiparazione dei competitors stranieri. Generalmente quesiti di tal fatta provengono da realtà societarie mature o da start-up operanti in settori tradizionali. Di recente, però, il quesito solletica lo vocazione imprenditoriale degli startupper “digitali”, i quali iniziano a vedere riconosciuto il rilevante potenziale economico del settore (messo in risalto dal Rapporto Restart Italia alla base, poi, del  Decreto Sviluppo Bis).

USA, Cile, Israele, Gran Bretagna, Austria, Estonia sono notoriamente riconosciute come in possesso delle migliori best practices e regolamentazioni per start-up.

USA

Gli Stati Uniti sono da sempre considerati il paese simbolo delle imprese ad alto potenziale innovativo: gli Stati Uniti della Silicon Valley, di Microsoft, di Google, di Apple, di Facebook, di Amazon.

Il 40% della ricchezza americana è attualmente prodotta da imprese non esistenti (solo) 30 anni fa. Dall’inizio del nuovo millennio le start-up (non solo digitali) statunitensi hanno creato oltre tre milioni di posti di lavoro. Il sistema americano continua, anche se con meno forza rispetto al passato, ad alimentare questo trend. Si pensi al progetto Startup America lanciato dall’amministrazione Obama, il quale si prefigge di sviluppare un partenariato fra imprenditori, multinazionali, università e fondazioni, in grado di mobilitare in meno di un anno l’equivalente di un miliardo di dollari in business service per un network di servizi a disposizione di centomila startup nei prossimi tre anni.

CILE

Uno degli obiettivi cileni è strettamente correlato al proporsi come grande hub internazionale dell’innovazione. Sono stati lanciati programmi per attirare imprenditori stranieri che si avvalgono di professionisti che hanno maturato competenze nella Silicon Valley e nel cui ambito sono state selezionate idee di business al servizio delle quali è stato messo un pacchetto di misure di sostegno.

ISRAELE

Un altro esempio internazionale di rilievo è rappresentato da Israele, che con il programma Yozma, lanciato nel ‘93, è diventato in pochi anni il paese con il più alto numero di società quotate al Nasdaq dopo gli Stati Uniti (un numero che supera quello di tutte le imprese del continente europeo messe assieme) e di brevetti pro capite hi-tech nel settore medicale; quello con la maggiore densità di start-up al mondo (una ogni 1844 cittadini) e un livello di investimenti di venture capital che, nel 2008, era due volte e mezzo più alto di quello registrato negli Stati Uniti, 30 volte maggiore del livello europeo e 80 volte di quello cinese. Israele ha attualmente il più alto tasso di investimenti in ricerca e sviluppo del mondo.

EUROPA

In Europa l’indicatore migliore è quello della dall’Estonia, la patria di Skype, che è il paese con il più alto numero di start-up procapite del Vecchio Continente.

Degna di nota è anche l’Austria, la quale ha stanziato un pacchetto da oltre 100 milioni di euro in sei anni per i giovani imprenditori.

Ulteriore esempio europeo significativo è rappresentato dalla Gran Bretagna, la quale ha patrocinato qualche anno fa la campagna StartUpBritain, concepita e finanziata da imprenditori per favorire la nascita e la diffusione di aziende innovative.

DAI PAESI ALLE CITTA’.

New York è la nuova mecca per tutte le startup attive nella finanza, nella moda, nei media o nella vendita al dettaglio, offrendo la vicinanza ai maggiori punti vendita e ai grandi marchi di questi settori. Grazie a un’interessante combinazione di incentivi fiscali e alleggerimenti burocratici, Singapore sta diventando il principale centro dell’Asia per le startup.

E ITALIA?

L’Italia è il paese del Made in Italy (il terzo al mondo per notorietà, dopo i marchi Coca-Cola e Visa). L’Italia ha una inarrivabile storia di innovazione, trainata dalla scienza e dalla tecnologia ed alimentata dallo stile di vita e dalla cultura. Ha dimostrato nel corso dei secoli di saper costruire su alcune grandi vocazioni – abbigliamento, design, meccanica, settore alimentare – creando e facendo proliferare industrie capaci di vendere il meglio della propria produzione in tutto il mondo, e in molti casi di diventare persino leader globali. Ci si rende conto della grandezza di questo Paese camminando sulla 5th Avenue a NY, ammirando la bandiera italiana al di fuori dei ristoranti di Kuala Lumpur, scambiando quattro chiacchiere ad Hong Kong con Ronald Arculli. Ci si rende conto della grandezza del nostro Paese, ovunque si vada: dall’Argentina, al Canada; dalla Russia, all’Australia, passando per Emirati Arabi Uniti e per la Cina e così via per tre quarti del globo.

L’interrogativo, quindi, non deve essere “perché è difficile investire seriamente nel nostro Paese”, ma “perché, se ci sono riusciti altri con una storia alla spalle più povera della nostra non dovrebbero riuscirci anche Milano, Roma, Matera, Cosenza, Catania?”

E per carità, se per forza di cose dobbiamo copiare practices altrui, lasciamo perdere quelle britanniche o tedesche (che, rispettivamente, poco e nulla hanno da insegnare), ma si guardi ad Israele.

Non posso, allora, che citare Dave McClure: non vi serve la Silicon Valley e non vi serve essere nella Silicon Valley, ma vi serve che quell’etica, quell’esperienza e quell’immaginazione siano dentro di voi, ovunque voi siate.

Massimiliano Caruso

 contactus@singulance.com

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